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III Assemblea Plenaria del Sinodo Diocesano - Verbale

2024-02-23 09:50

Sinodo diocesano

Verbali Assemblee,

III Assemblea Plenaria del Sinodo Diocesano - Verbale

10 giugno 2023

III Assemblea Plenaria del Sinodo Diocesano

10 giugno 2023


 Verbale

 

Previa convocazione, inviata in data 28 maggio 2023 a firma di S. Ecc. Rev.ma Mons. Giuseppe Marciante, Vescovo di Cefalù, Presidente del Sinodo, sabato 10 giugno 2023, alle ore 10,00, nell’Aula Sinodale presso la Chiesa della SS. Annunziata in Cefalù, si sono radunati i membri del Sinodo Diocesano.


 Assenti: sac. Giuseppe Cigno (5); sac. Giuseppe Amato (33); sac. Calogero Falcone (36); dott. Angelo Conti (53); dott. Pier Calogero D’Anna (54); mons. Rosario Dispenza (55); prof.ssa Adriana Iovino (58); sig. Giovanni Provinzano (61); prof. Salvatore Sireci (67); prof. Mario Macaluso (77); prof.ssa Daniela Di Vincenzo (85); sig.ra Chiara Castello (94); sig. Ignazio Cascio (99); prof. Michele Cerami (100); sig. Salvatore Minì (110); sig.ra Serena Tripi (114);

e i signori: diac. Santo La Placa (20); prof.ssa Maria Aglieri Rinella (70); dott. Salvatore Grisanti (118) che non hanno ancora fatto la Professione di fede e prestato giuramento.

 

Alle ore 10,05 l’Assemblea viene aperta con il canto del Veni Creator Spiritus, seguito dalla proclamazione del Vangelo secondo Marco (12,38-44), a cui segue l’intronizzazione del libro dei Santi Vangeli.

Alle ore 10,19 S. Ecc. Mons. Giuseppe Marciante prende la parola proponendo ai Sinodali la sua meditazione sul Vangelo proclamato.

Si allega testo della meditazione.

Alle ore 10,38 S. Ecc. Mons. Vescovo introduce la preghiera dell’Adsumus, seguito da tutti i presenti.

 

Alle ore 10,41 prende la parola fra’ Salvatore Vacca, ofm capp., Relatore Generale del Sinodo, per presentare all’Assemblea quanto emerso nei Circoli Minori che hanno seguito la II Assemblea Plenaria del 20 maggio 2023, e la sintesi circa gli spunti concreti sul tema delle Unità di Pastorale Sinodale utili al dibattito e alla redazione delle Propositiones.

Si allega testo dell’intervento.

 

Alle ore 11,07 prede la parola il can. Giuseppe Licciardi, Segretario Generale del Sinodo, per introdurre il dibattito spiegandone le modalità.

 

Seguono gli interventi, in ordine di prenotazione.

 

Can. Salvatore Panzarella:

Il punto centrale mi pare sia cosa fare della Parrocchia che è il luogo della concreta vita ecclesiale. Occorre un cambio di mentalità che innanzitutto ci ponga in atteggiamento paritario il tema delle unità pastorali.

Il Sinodo deve creare un metodo nuovo di essere e fare Chiesa.

Colgo due punti essenziali:

1. La pastorale biblica integrata, fra Parrocchie, Vicariati e nell’intera Diocesi. Ripartiamo dalla prima Lettera pastorale del Vescovo!

2. Una revisione radicale della ministerialità. Bisogna rivedere la ministerialità presbiterale per “liberarla” da incombenze non appropriate alla Parole e alla Liturgia. La corresponsabilità laicale sia veramente tale.

Bisogna superare la polarità preti/clero-laici che ancora dice una struttura di Chiesa gerarchica e non poliedrica.

La parola chiara è “ministerialità, che si diversifica in ruoli corresponsabili.

 

Dott. Giovanni Sapienza:

Sono tra quanti hanno espresso, nella riunione dei gruppi lo scorso 20 maggio, il bisogno di un confronto più approfondito e di maggiori occasioni di incontro. La breve riflessione che sottopongo alla vostra attenzione scaturisce da un passaggio dell’omelia che il nostro Vescovo ha pronunciato a Gibilmanna il 5 settembre 2022 all’avvio della terza fase del Sinodo diocesano.

Diceva il Vescovo: «… mi accorgo che in alcuni c’è ancora poca convinzione e in qualche caso resistenza al Sinodo e, in particolar modo, alla sinodalità. C’è ancora molto individualismo, autoreferenzialità. Lo si capisce soprattutto su come si continua a vivere il rapporto tra parroci e fedeli, tra parrocchie di uno stesso territorio e le associazioni, le confraternite e i movimenti, tra parrocchie e diocesi. Deve crescere la coscienza del sacerdozio comune di tutto il Popolo di Dio. Il clericalismo, cioè il fondare la consistenza di una comunità sul ministero presbiterale e non sulla partecipazione di tutti, è la resistenza più forte alla sinodalità. Il clericalismo non è un difetto solo del clero, ma è anche la conseguenza della deresponsabilizzazione del laicato. Occorre davvero rifondare le nostre comunità ripartendo dall’ecclesiologia che ci è stata consegnata dal Concilio Ecumenico Vaticano II: se alla festa del Sinodo non partecipa il popolo dei battezzati, questa si riduce ad un pranzetto di lavoro tra pochi amici…».

Queste preoccupazioni del nostro Vescovo mi interpellano e mi chiedo se oggi, nel dibattito o nella predisposizione dei documenti finali, non debbano essere prese in attento esame.

Mi chiedo se queste preoccupazioni non debbano essere utilizzate come chiavi di lettura nell’indicare i passi compiuti dalle nostre parrocchie nel percorso sinodale, o i passi eventualmente non compiuti ma da compiere in un percorso che non può non continuare.

Il nostro Vescovo rilevava in alcuna poca convinzione, in qualche caso resistenza al Sinodo e individuava nel clericalismo la resistenza più forte alla sinodalità. Dopo diversi mesi da quell’analisi può essere questa la sede e il momento in cui verificare se il percorso compiuto sia stato alimentato dal discernimento comunitario?

In altre parole: è stato detto (Papa Francesco) che col Vaticano II è scoccata l’ora dei laici, ma poi l’orologio si è fermato. Io mi chiedo: il percorso sinodale ha rimesso in moto l’orologio nella nostra diocesi, nelle nostre parrocchie?

Le mie domande, i miei dubbi sono alimentati dal desiderio di riportare la riflessione sulle difficoltà che possono caratterizzare il cammino che stiamo compiendo, difficoltà in un primo tempo conseguenti all’irrompere della pandemia e oggi, come indicato dal Vescovo, di diversa natura. Probabilmente nel periodo della pandemia non è stato possibile curare una adeguata formazione dei laici circa l’importanza del Sinodo per cui una criticità da non sottovalutare può essere la deresponsabilizzazione di noi laici. Se queste difficoltà non le affrontiamo ma le ignoriamo o anche solo sottovalutiamo, si corre il rischio di avere solo formalmente adempiuto alle fasi del percorso sinodale.

Avverto anche il bisogno di sentire e condividere il coraggio, la creatività, l’entusiasmo che ci devono animare nel nostro cammino. Ecco, ci vuole coraggio per percorrere strade nuove, ci vuole creatività per cogliere i frutti della fantasia accesa dallo Spirito Santo, ci vuole entusiasmo per sollevarci da ciò che ci è più abituale ed aprirci al fascino del nuovo.

A questo proposito può essere utile conoscere e far circolare le esperienze positive vissute nella nostra Diocesi che ci possono incoraggiare ed andare avanti insieme.

 

Sac. Giuseppe Murè:

Circa la costituzione delle Unità Pastorali:

Criterio antropologico-culturale ma anche CULTUALE, tenendo come riferimento i Santuari diocesani e dunque storia del luogo (le antiche formazioni territoriali); legami tra le famiglie; culto e pietà popolare (le comuni devozioni e i luoghi di culto).

L’attenzione all’aspetto ministeriale delle Parrocchie, dei presbiteri e dei laici.

Come saranno strutturate?

Ci sarà un prete più importante, un arciprete e altri sotto di lui?

Ci saranno alcune parrocchie più importanti e altre meno?

 

Prof. Luigi Romana:

Riflessioni sulla relazione di p. Calogero Cerami:

1° Questa assemblea sinodale è statisticamente un campione pienamente rappresentativo della comunità diocesana? Conosco persone davvero competenti nei temi che si vogliono affrontare, come mai non fanno parte di questa assemblea?

2° Più volte si ripete la parola accordo, poche volte il termine disaccordo. Eppure, ricorrendo all’ambito musicale, si ricorda che anche il disaccordo o la dissonanza è molto utile all’interno di una composizione che certamente punta alla meta dell’accordo finale.

3° Unità Pastorale Sinodale. Siamo sinceri, la struttura parrocchiale attuale è rigidamente e strettamente clericale e strettamente isolata e chiusa ad una possibile rete di parrocchie. Una vera conversione/svolta sinodale si potrà avere solo se si ridimensiona il ruolo dei ministri ordinati, dando un vero e reale spazio alla componente laicale della comunità parrocchiale.

Mi piacerebbe fare una domanda ai presbiteri presenti: come sognate la parrocchia sinodale?

Cosa siete disposti a cedere alla partecipazione dei laici?

 

Sac. Pietro Piraino:

Si è fatto riferimento alla richiesta di presentare contributi anonimi “per avere più libertà di dire ciò che si pensa”.

La Parresìa evangelica, strumento profetico e al tempo stesso liberante, proposto da Cristo, è nettamente in contrasto con l’anonimato.

Essa può essere costruttiva in un contesto relazionale in cui un io e un tu creano uno spazio di incontro comune e un cammino condiviso.

Il Sinodo è l’espressione massima della condivisione di un cammino, nella ricerca profonda della Comunione nel servizio alla nostra Chiesa, per cui, nell’ambito del Sinodo l’anonimato, che è manifestazione dell’assenza di relazione, è proprio un ossimoro.

La Parresìa inoltre è veramente un elemento formidabile che ci permette di vivere il conflitto e la gestione del conflitto come elemento di crescita, grazie a un confronto vero, fortemente evangelico, senza nulla tenere nascosto, senza nessuna ipocrisia.

Il tema dell’Unità Pastorale Sinodale ci chiede di impegnarci in idee e progetti pastorali che oltrepassano i confini comunitari e temporali. Si tratta di una scelta di fondo comune e di un impegno alla fedeltà.

Per questo deve essere chiaro che cosa si intende.

Ritengo sia subito da evitare l’idea di Unità di Pastorale Sinodale come alibi per “alleggerire” il “peso” della cura delle anime nelle Parrocchie, indirizzando a organismi più o meno interparrocchiali il concreto impegno pastorale; così come a una uniformità di proposte frutto però di un “livellamento” operato per diminuzione o per appiattimento, mortificando quindi quelle espressioni proprie di ciascuna Comunità che può catalizzare nel contesto proprio carismi e ministeri, capacità e spirito comunitario. Un tale livellamento tradirebbe il senso e la portata profetica della Sinodalità la quale, piuttosto che essere il paravento dietro cui nascondere le pigrizie pastorali o il desiderio di fuga dalla quotidianità relazionale, – e sappiamo bene che i vuoti generati da pigrizia e fuga vengono poi facilmente ricolmati da eventi o proposte atte solo a muovere numeri – intende invece essere uno sguardo alto verso orizzonti comuni da raggiungere nei percorsi personalizzati e specifici di ogni singola realtà ecclesiale.

Liberato il pensiero dalla tentazione di una pastorale per “appalto” (una parrocchia dei giovani, una per i movimenti, una per la pastorale degli anziani…), è il tempo di maturare esperienza di sinodalità, quindi di Unità Pastorale Sinodale come guardare in alto, e guardare insieme.

Si tratta di uno sguardo comune che non annulla il vissuto particolare, ma che conduce piuttosto verso l’orizzonte comune, che è l’incontro vero con Cristo, in un percorso continuo e comune che deve interrogare ogni Comunità sul futuro dell’annuncio del Vangelo, sulla promozione della dignità dell’uomo nella lotta alle povertà e al male, nella cura delle nuove generazioni, nella ricerca di Unità.

E tale unità non è uniformità, ma fedeltà alle idee e ai progetti comuni; e non è neppure omologazione o riduzione di proposte. Sinodalità e unità sono quelle caratteristiche che permettono in tutta la Chiesa di sentirsi “a casa”, parte dell’unica famiglia di Dio in Cristo Gesù, eppure così capillarmente permeanti nei territori e nei contesti da vivere la pienezza ecclesiale nella identità particolare delle singole Parrocchie.

Le Unità di Pastorale Sinodale allora non cancelleranno l’identità, ma piuttosto ne sottolineeranno i caratteri, e avranno bisogno del radicamento capillare nel territorio di una pastorale propria, garante di legami, relazioni, appartenenza, condivisione di vita, così da rendere possibile la lettura dei bisogni e gli orientamenti comuni.

In sintesi non ci può essere una Unità Pastorale Sinodale che nasca solo dall’alto, come sovrastruttura o come sostituzione del vissuto e della proposta pastorale nelle singole Comunità, né si può rinunciare alla cura d’anime “sulla breccia” rimandando tutto a proposte di sovrastruttura. Né una sinodalità frutto solo di convergenze dal basso, come soluzione logistica a problemi di numero.

Ci può essere invece una Sinodalità concreta che nasce dal sensus fidelium, che contempera fede e prassi, bisogni e desideri, visioni e proposte per il futuro.

Il Sinodo, in questa prospettiva, deve sempre più esprimersi come evento di grazia che raccoglie le speranze, i bisogni e le esperienze particolari e, in ascolto dello Spirito, le traduce in direttive comuni e in prospettive profetiche per l’avvenire, edificando Chiesa Cefaludese del futuro sulla solida roccia di Cristo, protesa e accogliente verso i bisogni e le esigenze di tutti i suoi membri.

In tal modo risulterà chiaro il ruolo che ogni Comunità Parrocchiale, ogni Gruppo, ogni Movimento, ogni Realtà ecclesiale dovrà avere in questo contesto: quello di essere tenda dell’incontro, casa aperta, mensa della condivisione, ospedale da campo, ma anche laboratorio, palestra, officina, e anche spazio aperto; in essa ministri ordinati e operatori vivono l’accoglienza ma anche la ricerca di vie nuove di incontro, come pionieri tra le case, protesi a quell’ignoto che il tempo veloce di oggi ci rende sempre più prossimo, e con lo stile della missione, con la prontezza di ideare strumenti sempre nuovi per testimoniare Cristo, iniziare alla vita nello Spirito, sull’unico cammino che è quello della Comunione, da percorrere insieme.

 

Prof.ssa Maria Antonietta Spinosa:

Proposta tecnica di “metodo”: la diretta per consentire una maggiore e migliore condivisione; possibilità di fare pervenire in chat osservazioni; disporre una sezione “lettere aperte al Sinodo in atto” sul sito della Diocesi con incaricati a esaminarle e metterle in circolo.

Proposta di “merito” su Unità Pastorale Sinodale: potrebbe bastare per farci il Sinodo, determinante è tema più pregnante e urgente perché a livello globale siano impegnati a “ripensare la Comunità”. Eco del Concilio: “Chiesa che cosa dici di te stessa?”

Le Unità Pastorali Sinodali possono essere “forme” delle Chiese: ritengo che il paradigma essenziale debba essere quello della fraternità, quello di puntare sulle famiglie è rischioso, senz’altro rischiano l’equivoco. La fraternità media libertà e eguaglianza.

a. A proposito di Unità – è quella non uniforme, ma dei “molti”. Occorre intrecciare i profili dei pastori preposti alla cura (almeno tre); occorre intrecciare bisogni antropologicamente rilevati in modo “scientifico” sul territorio.

b. A proposito di Pastorale: non invitare ma farsi ospite; necessità di uscire fino all’altro più altro da sé: verso i diversamente credenti, verso i non credenti. Valido l’espediente del “circolo dei gentili”. È importante mediare fede e cultura, gestendo meglio le iniziative improntate alla sola emozionalità.

c. A proposito di Sinodalità – interpretare “l’insieme”, il sun, non come “e” che rischia la separazione, né come “tra” che rischia l’inglobamento ma come “con” che struttura la dialettica tra identità e alterità. Sul modello trinitario.

 

Dott. Giuseppe Salvaggio:

Le Unità di Pastorale Sinodale diventano condivisione della vita cristiana. Ogni Parrocchia è costituita da persone vicine almeno nella vita quotidiana. L’attenzione alle persone che la vivono, presbiteri e laici, in cammino insieme verso Cristo, diventa essenziale. Un processo sinodale che ha bisogno del tempo del cammino insieme. Avere il coraggio della novità, con una pastorale che insieme condivide il cammino mettendo in comune le proprie diversità, ricchezza per ciascuno.

Ogni Unità Pastorale Sinodale deve avere le sue unicità, con criteri comuni ma allo stesso tempo incarnata nel territorio.

Le Unità Pastorali Sinodali possono essere “ricarica” e Chiesa che condivide il cammino di fede e dell’incontro con Cristo.

 

Fra’ Mario Domina ofm capp.:

In una visione inclusiva la Chiesa è famiglia di famiglie che ingloba il concetto di fraternità. Alle origini alcuni ministri, alcuni religiosi insieme ai laici, tutti cristiani. La sinergia è condizione per avere frutto. I laici hanno fame di partecipare alla crescita nel volersi bene con poche parole e molti fatti.

 

Ing. Giuseppe La Tona:

Perché le Unità Pastorali Sinodali abbiano successo è fondamentale la cura; cura dei laici verso i parroci e viceversa. Cura di una parrocchia verso le altre.

I laici non stiano ad aspettare, siano corresponsabili di questo cambiamento. Le associazioni e aggregazioni possano essere facilitatrici e anche essere pioniere delle Unità Pastorali Sinodali; si possono mettere a sistema le forze.

 

Mons. Sebastiano Scelsi:

1° Formazione alla Sinodalità, che deve essere permanente, iniziando dalla educazione nella fede dei nostri ragazzi e giovani.

2° La formazione deve supporre la consapevolezza che la comunione anima tutta la vita della Chiesa (LG), per diventare concretezza deve pervenire ad un cammino sinodale.

3° La comunione non può essere considerata anzitutto un fatto “amicale”, ma fondata nella coscienza di appartenenza all’unico Corpo di Cristo che è la Chiesa popolo di Dio, animata con diversi doni e carismi dallo Spirito. La Comunione va alimentata con una buona spiritualità, con la preghiera, parola di Dio, Eucaristia.

4° Laicato. Unità Pastorali Sinodali con una presenza consapevole, attiva e responsabile del laicato (LG 21).

5° Non basta organizzare servizi pastorali interparrocchiali, occorre la passione dell’annuncio evangelico con l’orizzonte missionario, che deve avere il primato sulla organizzazione, che è strumentale ad esso nella docilità allo Spirito.

6° Attenzione alle fragilità nel cammino sinodale, in modo che anche i fragili possano sentirsi protagonisti nella vita ecclesiale.

 

Fra’ Aurelio Biundo ofm capp.:

Sono uno dei più anziani membri di questo Sinodo diocesano.

Da anni vivo, da frate cappuccino e da sacerdote, a servizio di questa chiesa che è in Cefalù per la Chiesa universale, svolgendo il servizio ministeriale di parroco, esorcista, confessore..., servizio affidatomi dai Vescovi su presentazione del mio Ministro provinciale.

Credo e vedo che ormai questo servizio parrocchiale volge al suo termine.

Dico grazie al Signore per averlo amato e servito nel volto del suo popolo, stando “in mezzo”, cioè a contatto diretto con le tante problematiche riferentesi alle 3 C: Catechesi, Celebrazione, Carità; ovvero alle 3 P : Parola, Pane, Poveri.

Quanta è importante e basilare l’unità!

Ma quale unità?

L’unità nella fede: in un solo Dio, in 3 persone, relazionate eternamente dall’amore.

E l’unità in una Chiesa: una, santa, cattolica e apostolica, riflesso del mistero trinitario e diversificata da inculturazione e acculturazione.

Questa unità della fede e nella fede, riflessa nel territorio, rende la chiesa bella.

Suggerisco, in punta di piedi, di non perdere questo punto di riferimento dell’unità della fede e nella fede, onde evitare poi di immergerci nelle articolazioni di prescrizioni e norme legislative e attuative che appesantirebbero il cammino e minerebbero l’attenzione al principio unico della fede e al Principe della fede: Cristo Gesù.

Per questo dovremmo maggiormente e soprattutto insistere sulla formazione umana, spirituale e pastorale dei presbiteri, dei religiosi/e, e dei laici.

Mi chiedo a voce alta: è La diversificazione della pastorale che deve riferirsi e manifestare l’unità della fede? Ovvero è l’unità della fede e nella fede che deve illuminare e muovere la pastorale?

L’unità la fa Dio; la pastorale la facciamo noi; l’unità è in Dio, è di Dio, è del suo Spirito.

L’unione pastorale, la sinodalità è nostra, cioè la facciamo noi.

Così come la Chiesa è una; ma le comunità le facciamo noi.

E le comunità saranno vere, pastorali, in unione, e sinodali, se noi tutti, (ecco la ministerialità), già cristiani battezzati e resi: presbiteri, religiosi, laici ci immergiamo, curiamo e viviamo le cose di Dio con amore vero, e se riflettiamo il comandamento nuovo datoci da Gesù: “amatevi come io vi ho amato”.

Credo che a tutti, e sempre, il Signore ci chiede un po’ di quel “più” che chiese un giorno a Pietro. Non rimandiamo di dare la nostra risposta corale e sinodale, pienamente libera e gioiosa.

Oggi il Signore passa, chiama e bussa, per ravvivare la sua presenza in mezzo a noi.

Vorrei saper scegliere quella parte migliore che non ci sarà tolta, quella di Maria, senza escludere quella di Marta, per essere, ad un tempo, contempl-attivi come diceva il cardinale Martini, cioè attivi nella contemplazione e contemplativi nell’azione.

Dal vissuto della mia esperienza constato che io per primo dovrei ravvivare l’unità nella fede, e da quì rivedere e ravvivare il metodo, il linguaggio, l’ardore, la passione.

Cristo è sempre lo stesso ieri, oggi e sempre.

Il “vedete come si amano” dovremmo sentirlo detto da quanti stanno solo a guardare e a criticare, e non a sentircelo dire da quelli che sono vicini a noi.

Inoltre vi chiedo: forse che l’unità sinodale non supporterebbe fraternità presbiterali e comunità variamente articolate dove c’è un cuor solo e un’anima sola”?

Gli organismi di partecipazione poi siano operativi e attivi. Che non abbiano l’odore dello stantio, e siano leve operative a servizio della comunità.

Tutte cose già dette, scritte, lette…, manca adesso che siano incarnate e operative, dimostrate e rese gloria di Dio nel servizio umile e gioioso alla Chiesa.

 

Sac. Franco Mogavero:

Dobbiamo ascoltare il vento della profezia. Chiederci se possediamo una spiritualità sinodale. Sia noi presbiteri, sia i laici.

Occorre puntare prima su una pastorale biblica che coinvolga laici e presbiteri insieme. Le Unità di Pastorale Sinodale non si creano per le esigenze del territorio o per inseguire mode del tempo.

Se non c’è una spiritualità sinodale già consolidata si corre il rischio di creare danno come il forte vento dello scirocco.

PASSO DA LUMACA per le Unità di Pastorale Sinodale.

PASSO DA LEPRE per la pastorale biblica locale così che apra alla creazione di unità di Pastorale Sinodale.

 

Can. Domenico Messina:

Unità Pastorali Sinodali hanno come obiettivi evangelizzazione e formazione; centralità dell’Eucaristia nel giorno del Signore; fraternità in forme plurali da valorizzare laddove già esistono e laddove invece è urgente che nascano.

Quindi i criteri per costituire le Unità Pastorali Sinodali devono tenere conto delle variabili temporali ma soprattutto puntando sulle costanti legate al culto e agli obiettivi.

Proposte:

Istituto diocesano di alta formazione biblica, liturgica, teologica, pastorale che avvii tutti i percorsi formativi.

Convergenza delle comunità perché si celebri degnamente l’Eucaristia domenicale, curare ogni aspetto perché sia evidente la gioia dell’incontro con Gesù Risorto e con i fratelli.

Forme plurali di esperienze pastorali a favore delle famiglie così come sono oggi, a favore dei giovani, dei diversi ambiti di vita in modo particolare in ambienti di lavoro e nel campo culturale.

 

Sem. Gabriel Ewodo Evina Messomo:

Consenso ed etero-referenzialità (auto-referenzialità)

Due note essenziali per attuare le Unità di Pastorale Sinodale.

- Il cammino nasce dalla formazione e dall’informazione.

- L’etero-referenzialità nasce dal riconoscimento del bisogno dell’altro. Però questo riconoscimento deve essere stimolato dall’organizzazione strutturale della nostra Diocesi. Le Unità di Pastorale Sinodale non devono partire da un criterio di territorialità, ma non possono neanche farne a meno. Come può un parroco, detto più concretamente, riconoscere che ha bisogno di entrare in un’Unità di Pastorale Sinodale, se tutto può fare da se stesso? Guardate all’estensione delle nostre parrocchie e scusate qui il riferimento personale, le parrocchie sono veramente piccole; la stessa Città di Cefalù, altrove, potrebbe avere, per assurdo, una sola canonica, e chi l’ha detto che i presbiteri non devono vivere insieme?

1Cor 12,21. Ripensare l’estensione delle Parrocchie.

 

È pervenuto inoltre un contributo non presentato in Assemblea Plenaria:

 

Mons. Francesco Casamento:

Occorre chiarire la terminologia perché non ci siano equivoci.

Quanto il Vescovo ha aggiunto il termine “Sinodale” al dittico ben consolidato “Unità Pastorale”, ha espresso il suo desiderio che l’arte pastorale fosse sinodale, non che la figura giuridica “Unità Pastorale” sia Sinodale, perché questa già lo è per “diritto”.

Pertanto propongo che si torni alla terminologia “Unità di Pastorale Sinodale”.

A partire dalla terminologia che specifica l’arte pastorale del camminare insieme in Unità giuridica, possiamo sognare una Chiesa più libera dalle sue strutture per essere più presente nella strada in uno con il Signore Gesù Via, Verità e Vita. In Lui che è Via incontriamo l’umanità così com’è, pertanto in Unità si potrebbero annoverare, oltre le Parrocchie altri luoghi di umanità già vissuti da quanti sono inviati come assistenti, direttori spirituali… ospedali di Cefalù e Petralia, Azione Cattolica, RnS…

 

Alle ore 12,40 prende la parola Mons. Vescovo che, a partire dagli interventi, ripropone la sintesi dei lavori. Dice:

«Che cosa intendiamo per Unità Pastorale Sinodale? Certamente non una nuova struttura o un contenitore a cui attribuire un nome. Si tratta piuttosto di uno stile, un modo di camminare insieme, di servire, di convivere tra le diverse realtà.

Potremmo affermare che l’Unità Pastorale Sinodale di diritto divino è la Diocesi. Comprendiamo quindi che non si tratta di strutture per frantumare, ma di un percorso per una sempre maggiore e consapevole prossimità.

È quell’unità che stimola alla partecipazione per la missione.

Non quindi struttura per favorire alcuni, ma possibilità di annuncio comune del Vangelo.

È dunque necessario guardare all’Eucaristia come esempio e via di unità, di comunione, di convivialità e missione, in quella prospettiva chiara e profetica che è l’ecclesiologia del Concilio Vaticano II».

 

A conclusione dell’intervento, il Segretario Generale can. Giuseppe Licciardi ha dato le indicazioni per la successiva adunanza per i Circoli Minori che avrà luogo sabato 24 giugno.

Mons. Vescovo ha quindi guidato la preghiera dell’Angelus e ha impartito ai presenti la benedizione, sciogliendo così la III Assemblea.

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