V Assemblea Plenaria del Sinodo Diocesano
1 luglio 2023
Verbale
Previa convocazione, inviata in data 28 maggio 2023 a firma di S. Ecc. Rev.ma Mons. Giuseppe Marciante, Vescovo di Cefalù, Presidente del Sinodo, sabato 1° luglio 2023, alle ore 10,00, nell’Aula Sinodale presso la Chiesa della SS. Annunziata in Cefalù, si sono radunati i membri del Sinodo Diocesano.
Assenti: sac. Salvatore Blanda (3); sac. Paolo Cassaniti (4); sac. Salvatore Spagnuolo (18); sac. Giuseppe Terranova (19); sac. Luigi Natale Volante (23); can. Salvatore Panzarella (28); mons. Sebastiano Scelsi (29); sac. Giuseppe Amato (33); sac. Santo Scileppi (44); prof. Calogero Bertolino (50); sac. Matteo Castiglione (51); dott. Angelo Conti (53); prof.ssa Adriana Iovino (58); sig. Giovanni Provinzano (61); dott.sa Mariangela Sauro (65); dott.ssa Rita Zafonte (69); prof.ssa Maria Aglieri Rinella (70); sig.ra Dora Cirrito (73); sig. Marco Lo Iacono (75); prof. Mario Macaluso (77); prof.ssa Valeria Russo (79); prof.ssa Concetta Turrisi (80); p. Giuseppe Garofalo (86); dott.ssa Rossella Minà (88); prof.ssa Ermelinda Parisi (89); sig.ra Miriam Bifarella (95); sig. Ignazio Cascio (99); sig.ra Domenica Franco (104); sig.ra Rosa Granata (105); prof. Calogero Guzzetta (106); sig.ra Serena Tripi (114); dr. Salvatore D’Anna (115); dr. Claudio Valenziano (121).
e i signori: diac. Santo La Placa (20); dott. Salvatore Grisanti (118) che non hanno ancora fatto la Professione di fede e prestato giuramento.
Alle ore 10,05 l’Assemblea viene aperta con il canto del Veni Creator Spiritus, seguito dalla proclamazione del Vangelo secondo Matteo (8,5-17), a cui segue l’intronizzazione del libro dei Santi Vangeli.
Alle ore 10,25 S. Ecc. Mons. Giuseppe Marciante prende la parola proponendo ai Sinodali la sua meditazione sul Vangelo proclamato.
Si allega testo della meditazione.
Alle ore 10,48 S. Ecc. Mons. Vescovo introduce la preghiera dell’Adsumus, seguito da tutti i presenti.
Alle ore 10,52 prende la parola fra’ Salvatore Vacca, ofm capp., Relatore Generale del Sinodo, per presentare all’Assemblea quanto emerso nei Circoli Minori che hanno seguito la IV Assemblea Plenaria del 24 giugno 2023, e la sintesi circa gli spunti concreti sul tema delle Unità di Pastorale Sinodale utili al dibattito e alla redazione delle Propositiones.
Si allega testo dell’intervento.
Alle ore 11,07 prede la parola il can. Giuseppe Licciardi, Segretario Generale del Sinodo, per introdurre il dibattito spiegandone le modalità.
Seguono gli interventi, in ordine di prenotazione.
Mons. Francesco Casamento:
Consapevole che stiamo parlando delle Unità Pastorali Sinodali e non della vocazione presbiterale o ministeriale laicale, ritengo che oltre alla logica dell’amore o della misericordia, in presenza dell’errore, in una Unità Pastorale Sinodale per “cedere”, prendo in prestito una espressione che ho sentito in questa aula, per cedere ai laici servizi che competono ai presbiteri, oltre quelli sacramentali, spero, occorre che prendano responsabilità non davanti al parroco ma al Vescovo e al Codice di Diritto Canonico.
Infine esprimo stupore per i giudizi espressi sulle Unità Pastorali Sinodali non conosciute o vissute.
Mons. Rosario Dispenza:
Testo non pervenuto. Trascrizione della registrazione.
Io ho fatto parte di un’unità Sinodale vecchia, di cui sono l’unico esistente attualmente mentre gli altri sono di patria in paradiso: don Vincenzo Di Paola e don Lorenzo Marzullo.
L’unica cosa che ho detto ai tempi per le comunità, che erano tre, due piccole e una più grande, che non sia un’invasione di quella più grande o che non abbia più attenzione quella più grande. Nel proseguire di eventuali Unità Sinodali di più paesi (non si offende nessuno se sbaglio i numeri ma non era previsto nel mio intervento adesso), per il bene delle anime delle piccole Comunità, si badi a che non perdono la loro identità, e che nel metterle insieme ad altre Comunità è necessario avere un pensiero comune tradizionale che nel senso più bello del termine abbiano legami passati e che non ci siano frizioni. Sullo stare insieme dei sacerdoti penso che non sia questo il vero problema, ma quando si va a unificare l’Unità Pastorale è necessario valutare sulla scelta della vita, se in comune, se in un luogo.
Sac. Pietro Piraino:
È stata più volte riportata l’espressione che descrive la nostra esperienza di Chiesa come quella di una «struttura fortemente clericale, chiusa, senza corresponsabilità laicale». Sento quindi il dovere di pormi e porre a questa Assemblea la domanda se veramente è così.
La storia della nostra Chiesa Diocesana ci presenta, sin dal sorgere del movimento cattolico, agli albori del ‘900, dopo una prima fase di incertezza, un sempre crescente coinvolgimento dei laici nella vita e nella missione della nostra Chiesa, corresponsabili, formati teologicamente, saldi spiritualmente, umanamente e socialmente realizzati.
Tutto ciò ha portato, con le normali e singolari eccezioni, a vivere senza traumi e senza spaccature le tempeste del Secolo breve, e quella profetica stagione Conciliare i cui frutti dovremmo saper ben raccogliere e moltiplicare nel nostro tempo.
Invito perciò a fare attenzione all’uso delle parole.
Che cosa si intende quando si richiede una «declericalizzazione» della Chiesa?
Perché insistere con la categoria che produce una polarizzazione chierici-laici?
Nello spirito delle Costituzioni conciliari dovremmo osare la categoria Popolo di Dio in cui, la diversità di ministeri, carismi, ordini – priva di rivendicazioni sindacalistiche di chi, non in pace con la propria vocazione personale pretende uffici, ruoli o esercizio di potere – permetterebbe di esprimerci tutti in esperienza di comunità, famiglia, corpo ecclesiale.
Da certe rivendicazioni di corresponsabilità, purtroppo, emerge un desiderio di potere esclusivo.
Il tempo di grazia offerto dal Sinodo ci deve invece portare a esperienze di vera apertura, in cui si supera anche la tentazione dell’inclusività che, con la lusinga del rendere altri partecipi della propria esperienza ecclesiale, cela invece un selettivismo manicheo.
Per una Chiesa profetica, che risponda con la forza del Vangelo ai bisogni di chi vive il tempo presente, è necessaria una conversione di tutti.
Conversione teologica e spirituale: perché senza una conoscenza profonda di Dio, che può avvenire solo nella meditazione vera e continua della Parola, e nell’adorazione del mistero del Dio fatto uomo, non è possibile nessuna azione pastorale o missionaria, nessuna strategia di rinnovamento, nessun coinvolgimento attraverso forme nuove di comunicazione.
Né si può ridurre e banalizzare il percorso sinodale a Unità Pastorali che mettono banalmente i preti a vivere insieme, riducendo la capillarità della prossimità parrocchiale.
Imporre fraternità presbiterali che non sono frutto di cammini personali rischia di generare inferni personali le cui conseguenze ricadrebbero sulle Comunità.
Unità Pastorale Sinodale è la comunione sacramentale che si rende visibile nella condivisione di indirizzi e orizzonti.
Si potrebbe iniziare con dei Consigli Pastorali Sinodali nelle Città o Paesi con più Parrocchie, e via via creare organismi di ascolto, di incontro, di confronto con tutte le realtà, a partire dall’associazionismo cristiano, senza mai perdere opportunità di forti esperienze di preghiera condivisa.
Sac. Francesco Richiusa:
Testo non pervenuto. Trascrizione della registrazione.
Vi parlo della Comunità di Castellana Sicula mi sento interpellato. Anche la volta scorsa sentivo qualche intervento a proposito della quasi spartizione dei poteri, penso che non siamo qui per dividerci i poteri, a volte qualche intervento sembra voler rispecchiare certe mentalità del passato come se adesso siamo qui per dividerci la torta, a voi una parte e a noi l’altra parte. Penso che siamo
proprio fuori binario. Non si parla tanto di collaborazione, ma di corresponsabilità. Penso che il nuovo che ci aspetta è proprio lì, nella parola corresponsabilità, perché siamo tutti soggetti e siamo tutti oggetto, tutti abbiamo parte a quella che riteniamo essere la nostra Chiesa che amiamo e cerchiamo di servire.
A proposito dell’Unità Pastorale Sinodale, le idee ancora ovviamente non le abbiamo chiare ed è proprio questo il tempo, secondo me, di parlare. Certe volte si mettono insieme tante cose: la fraternità presbiterale è una possibilità che non coincide solo con l’abitare insieme, come diceva anche don Pietro. Ci sono tante forme di fraternità lo stare insieme, condividere i pasti etc., ma l’Unità Pastorale Sinodale, forse, mi permetto di dire, non deve essere legata alla fraternità presbiterale. Sono piuttosto le Comunità che devono entrare in dialogo e comunicare. Nel caso nostro di Castellana Sicula la prima cosa che ho fatto quello di creare un consiglio Pastorale interparrocchiale quindi attualmente sono tre Comunità: una piccola una media e una un po’ più grande, ma hanno un unico Consiglio Pastorale, quindi penso che già partire da questo è fondamentale. È necessario poi cercare di mettere in comune quelle che sono le risorse che possono colmare le mancanze degli altri. A proposito della questione beni immobili, è ancora in corso di elaborazione un Consiglio che non sia un Consiglio per gli affari economici, ma un organismo fatto anche da persone professioniste comunque volontarie che possono gestire il patrimonio immobiliare delle parrocchie. Quindi anche questo è un modo per sentirci corresponsabili, anche per sgravare me e don Luca dalle incombenze.
Sac. Franco Mogavero:
Testo non pervenuto. Trascrizione della registrazione.
Un mio fratello presbitero non di questa Diocesi, quando ha saputo che dovevamo creare le Unità Pastorali Sinodali, mi ha consigliato un libro che mi ha inviato per posta, pensate un po’ è un libro di Emmanuel Mounier un filosofo francese. Il titolo del libro è Rivoluzione personalista e comunitaria con un sottotitolo: “Esiste un noi senza un io?” ripeto la domanda: Esiste un noi senza un io? Ed è questa la sfida con la quale dobbiamo prepararci. Prepararci intanto in una procedura mentale prima di tutto culturale, chiedendoci siamo pronti a questa sfida? Non è una sfida che può essere fatta prendendo la carta geografica sul tavolino, dicendo: in questa Parrocchia qua ci mettiamo questo… Qui c’è una verità, una mentalità che deve partire dai laici, che qui devono diventare protagonisti nell’Unità Pastorale Sinodali.
Alla luce di questa esperienza che mi ha appassionato, perché non creare nelle nostre Parrocchie a continuazione del Sinodo, dei circoli culturali che siano diversi dai Consigli Pastorali Parrocchiali, anche inter parrocchiali. Quelli hanno un’altra identità rispettabilissima, ma qui servono laici insieme ai presbiteri che si siedono sul tavolo e facciano della santità l’unica politica ancora valida.
Questo è quello che c’è scritto: la santità è unica politica ancora valida, quindi io direi di vedere di le nostre Comunità limitrofe non prendo le distanze, perché alcune sono proprio vicine. E di sederci sui tavoli è diventare uomini di spirito e di culture, perché se c’è lo spirito e non lo spiritualismo c’è la cultura vera, c’è la profezia. Il Sinodo è il tempo della profezia che dobbiamo cominciare ad abbracciare in questo momento.
Questo libro chi lo vuole lo può benissimo leggere. È tosto ma guardate che è veramente caloroso e mi chiedo come mai manchino queste intelligenze a cui noi come Chiesa dobbiamo dare una risposta.
Prof.ssa Maria Antonietta Spinosa:
Importanza eminente, specie nel territorio del settore Tirreno: quella di curare l’incontro, lo scambio, almeno il dialogo, tra le culture e nella cultura dalla prospettiva della fede.
Ne consegue la necessità di ripensare e rimodulare, assieme, l’attività pastorale afferente: avviare all’operosità progettuale l’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo inter-religioso (che non può essere surrogato da quello per il Turismo); rendere inclusiva la proposta dell’Ufficio di Pastorale della Scuola, ripristinando il settore di Pastorale della cultura.
Suggerimenti, rispettivamente:
creare occasioni per riflettere su pronunciamenti di Organi e Organismi competenti in merito al mondo delle religioni ponendo in essere le conseguenti e coerenti buone pratiche;
valorizzare la Settimana per l’Unità dei Cristiani;
inserire una Celebrazione eucaristica domenicale almeno in lingua inglese, almeno nel periodo estivo, almeno in Cattedrale;
tenere sempre viva la formazione teologica per i ministeri laicali (sia incentivando l’impegno nella scuola di teologia di base e/o presso gli ISSR, sia sostenendo tali istituzioni);
reperire un ambiente in cui ospitare i numerosi studenti che gravitano a Cefalù, in primis quelli che, fuori sede, vivono il disagio (spesso i rischi) di pause dall’impegno scolastico curriculare giornaliero, creare un centro in cui magari offrire ascolto, proposte di confronto o collaborazione a iniziative di volontariato solidale);
coinvolgere i Dirigenti Scolastici e tutti i docenti di ogni istituzione scolastica nelle iniziative diocesane dedicate alla cultura.
La mia istanza è a che il Sinodo tenga presente di realizzarsi come un cammino in mezzo agli altri, sotto lo sguardo degli altri (dei non credenti, dei diversamente credenti, degli altrimenti cristiani): ciò è ormai diventato a mio giudizio decisivo per sapere di noi stessi come credenti, cristiani, cattolici.
Sac. Sandro Orlando:
Testo non pervenuto. Trascrizione della registrazione.
Prendo la parola della prospettiva della Valle del Torto perché dal dialogo che abbiamo avuto all’interno del nostro Circolo è venuto fuori – e il Relatore Generale l’ha sottolineato in passaggio – il discorso della “territorialità”. Per quanto riguarda il tema dell’Unità Pastorale Sinodale, un passaggio che manca ma che vorrei portare all’attenzione è la difficoltà di coniugare Unità Pastorale Sinodale nella dimensione pastorale e quindi la vita della comunità nella liturgia, nella carità e nella catechesi. Tutti quei percorsi che significano il vissuto della Comunità, dalla gestione amministrativa – che di fatto è cosi – delle singole Parrocchie, perché in questi ambiti già facciamo fatica penso un po’ tutti i parroci a riuscire a intersecare in un tempo che non è quello per la mia esperienza quello di 15 anni fa, all’inizio del ministero. Oggi si ha un altro tempo con la situazione economica che attanaglia i nostri territori, ma lasciando perdere i beni materiali, che il modo se si vuole si trova, una dimensione territoriale di continuo spopolamento, difficoltà di viabilità, lunghi percorsi per raggiungere un’altra Comunità, le stagioni… quest’anno abbiamo avuto un inverno prolungato fino a giugno. A me piacciano le elaborazioni che condividiamo, che viviamo, a cui ci formiamo nei vari percorsi di formazione nazionale e regionale, però l’Unità di Pastorale Sinodale la dovremmo a mio avviso approfondire sulla dimensione concreta e fattibile, fattibile nei territori propri; mi permetto di dire delle Comunità proprie, perché altrimenti il rischio può essere quello di un bel progetto sulla carta, come ci diciamo sempre, che poi non è realizzabile nella concretezza.
Fra’ Mario Domina ofm capp.:
Testo non pervenuto. Trascrizione della registrazione.
Io parto da quello abbiamo detto qualche tempo fa: facilitare l’annuncio del Vangelo.
Se il criterio e il paradigma è facilitare l’annuncio del Vangelo vediamo come Unita Pastorale Sinodale può entrare in tutto questo per rendere le cose più semplice sia per i preti che per tutti i fedeli. Partendo da questo paradigma, prima di tutto – l’ho detto tante volte anche nel gruppo – ci vuole più stima reciproca e ci vuole più gratitudine. Poi, partendo da questo, ci vuole leggere il territorio come si sta sviluppando negli ultimi anni. Ci vuole – ce lo dobbiamo dire – che c’è qualcuno seduto nel tavolino, non so dove, per rendere le Madonie, soprattutto le alte Madonie, un territorio deserto senza lavoro, senza prospettive senza ospedali. Senza questo e senza quello!
E poi ci vuole un po’ di umorismo! Quando si fanno le osservazioni sulle Unità Pastorali Sinodali etc. etc., dobbiamo prenderli con po’ di umorismo perché le Unità Pastorale Sinodali ad esperimento Gangi e Castelbuono sono città, a differenza di noi paesi piccoli delle Madonie. E di conseguenza qui non ci sono preti che vivono nella città, ma nello stesso territorio dove tutti i paesi e le parrocchie sono sparse nel bellissimo campo di grano.
Ieri sera c’è stato a Palermo l’evento di Radio Italia dove tanti di noi e anche dalle Madonie ci sono andati, non so quante centinaia e migliaia di persone si muovano dalla Sicilia per andare a Radio Italia a Palermo, perché a Palermo c’è tutto: c’è Radio Italia… mentre nelle Madonie non c’è niente.
In questo niente la chiesa deve essere il massimo, deve esser il meglio. In questo dovremmo studiare
non so come, altrimenti niente, non c’è più la Chiesa se tutti stanno andando in città perché in città c’è tutto.
Prof. Salvatore Sireci:
Vorrei condividere una semplice riflessione, maturata dall’ascolto degli interventi precedenti. La sinodalità affonda le sue radici nella corresponsabilità, nel dialogo, nell’ ascolto, nel confronto reciproco che si fa servizio generoso e gratuito nella specificità dei doni e dei carismi di ognuno. Un servizio generoso e corresponsabile non conosce rivendicazione alcuna, né di ruolo né di parte: si fa comunione, condivisione, scritte già dallo Spirito nelle vite di ciascuno di noi per essere nutrite ed esercitate nel-la gioia di camminare insieme. Non c’è sinodalità che non conosca la gioia del servizio di chi sa e vuole mettersi in cammino verso gli altri e verso l’Altro. La gioia e la gratuità devono essere la cifra di ogni sinodale. La comunione è il principio formale della comunità cristiana, e di conseguenza anche di tutte le sue strutture e di tutti i suoi istituti, del sinodo stesso. Nella comune appartenenza al popolo di Dio, forte della consapevolezza che l’unità non è uniformità ma pluralità di carismi, condivisione, confronto, rispetto, arricchimento reciproco, non può esserci alcuna rivendicazione di ruoli, distinzione di sorti tra laici e non: dobbiamo tutti riscoprire, riconoscere e valo-rizzare l’apporto specifico che ciascuno, nell’unicità dei propri doni, dei propri cari-smi, condizioni di vita, può apportare alla vita stessa e alla missione della Chiesa. Dobbiamo riscoprire tutti la gioia del servizio per gustare e testimoniare l’arte del vi-vere e del camminare insieme nel ripensare, pastori e laici, l’annuncio cristiano a par-tire dai linguaggi del nostro tempo, con parole e gesti concreti di accoglienza verso tutti. Dobbiamo testimoniare la sinodalità in esperienze concrete e visibili di servizio generoso e gratuito, vissuto in comunione per riscoprici cristiani di azione e verità. Come ci ricordano i documenti del Magistero, la responsabilità per la vita si-nodale della Chiesa non può essere delegata, ma deve essere condivisa da tutti in risposta ai doni che lo Spirito concede: è il tema della corresponsabilità mi-nisteriale, dell’esigenza di comporre l’unità della missione con la pluralità dei ministeri. Sinodalità e corresponsabilità camminano insieme, nel dono gioioso del servizio che non rivendica, non pretende, ma testimonia!
Can. Domenico Messina:
Venerato padre Vescovo Giuseppe,
carissimi Fratelli e Sorelle Sinodali,
prendo la parola in quanto battezzato che nella comunità cristiana è nato, cresciuto e nella stessa ha maturato la propria vocazione al ministero presbiterale, facendo discernimento con i presbiteri e con i laici che in essa hanno con me condiviso la vita e la fede nel Dio di Gesù Cristo.
Condivido con voi un imbarazzo, delle domande e la gratitudine.
1. Imbarazzo
In quanto cristiano, provo imbarazzo per il fatto che nelle nostre assemblee sinodali sia nei documenti, sia negli interventi si legga e si ascoltino espressioni che rivelino forme di dualismi tra vescovo e popolo, tra chierici e laici, tra servizio e cariche, come se ci trovassimo dinanzi a rivendicazioni sindacali.
2. Domande
Da questo imbarazzo sorgono in me delle domande che condivido con tutti: esiste un popolo cristiano senza diaconi, presbiteri e vescovo?
Possono sussistere identità e forme di ministero episcopale e presbiterale e diaconale senza essere pienamente inseriti nell’unico popolo di Dio (cf. Lumen gentium 10-12), senza che nascano da esso e che siano per il popolo tutto sacerdotale?
Quali sono le competenze che, secondo qualcuno, sono assenti nella conformazione e composizione battesimale, ministeriale e sinodale delle nostre assemblee?
3. Gratitudine
L’imbarazzo iniziale che ha suscitato in me le domande precedenti, tuttavia si risolve quando assecondo il sentimento e il dovere della gratitudine. Grazie a ciascuno di voi che siete presenti e siete stati sempre presenti qui in aula per le nostre assemblee sinodali. Per l’intrinseco rapporto che sussiste tra liturgia e sinodalità, con convinzione affermo che questa presenza è una presenza actuosa (cf. Sacrosanctum Concilium, 14), attuativa della presenza di Cristo. Grazie a Dario, Giuseppe, Iolanda e Angelo, perché con garbo e discrezione ci accolgono, ci fanno sentire a nostro agio; se il nostro paradigma di riferimento è quello della fraternità, anche il servizio di questi nostri amici ne esprime la concretezza, perché non sono addetti di segreteria ma fratelli che esercitano un servizio.
Grazie ancora per l’ascolto!
Dott. Giuseppe Salvaggio:
Come testimoniare cos’è una comunità agli altri? Vivendo bene l’essere comunità. Ciascuno all’interno della comunità ha una vocazione differente, e mettendola a servizio che cresce la comunità, nella gratuità, Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date (Mt 10, 8). Nella diversità di carismi si arricchisce la comunità, ciascuno nella chiamata diversa che ha ricevuto, Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga (Gv 15, 16).
È il dialogo che nella diversità che porta al camminare insieme, con l’unica meta che è Cristo, che allo stesso tempo fa strada insieme. Non è uniformare o pensare tutti la stessa cosa, ma da partendo a volte da pensieri diversi trovare ciò che unisce, non più il mio pensiero, non più il tuo ma quello che è nato dal camminare insieme. A volte, sicuramente, sarà necessaria la Misericordia vicendevole, perché siamo tutti persone, laici, presbiteri, consacrati, e solo quando tutti stanno insieme vi è comunità.
Sac. Raphael Awona Minso:
Ho l'impressione che pensiamo all'unità pastorale solo in due coordinate: la territorialità e la gerarchia. Senza dubbio esse acquistano una importanza reale da non negare, ma corriamo anche il rischio di dimenticare l'essenziale che ci fa chiesa e perderci nei discorsi di potere e commando. Dal mio punto di vista il dibattito sull'unità pastorale pone anche il problema del come essere parrocchia oggi e come essere comunità oggi.
Abbiamo certamente il problema dello spopolamento ma va anche riconosciuto che i pochi che ci sono fanno fatica a venire in chiesa, a vivere la comunità. Dirlo è interrogare la nostra pastorale: cosa offre oggi? A che cosa risponde? Sono domande ovviamente che si porranno sempre in base alle sfide da affrontare.
L'audacia del nostro Sinodo sarà il suo coraggio di offrire una proposta pastorale capace di riportare in chiesa i giovani, la gente semplicemente.
Ascoltiamo anche la voce del popolo assente nella nostra assemblea ma che ci parla con i suoi silenzi e assenze nelle nostre chiese.
P. Alessandro Palladino csj:
Testo non pervenuto. Trascrizione della registrazione.
Giunge una definizione di Unità Pastorale Sinodale. La bellezza che ci dà il Sinodo, che tutti coloro che credono stanno insieme, non va sciupata. Pensate è una cosa bellissima che stiamo insieme grazie al Sinodo Diocesano, l’unica cosa che magari mi piacerebbe, anche perché sono da poco in questa Diocesi (da quattro anni, di cui due di covid), e che penso che fanno anche altri Presbiteri: invoco lo Spirito Santo che possa scendere in modo particolare ai miei fratelli Presbiteri, che siete qui tutti i insieme.
Qui, noi possiamo vedere la realtà diocesana solo con il cuore e lo spirito. Quindi vi invito a parlare a prendere parola a gustare le vostre parole ad allargare veramente il nostro cuore per collaborare insieme e camminare insieme.
Dott. Valerio Di Vico:
Testo non pervenuto. Trascrizione della registrazione.
Parlo da laico in collaborazione con i presbiteri e il nostro Vescovo e poi con i sacerdoti. Nel 1789 in Francia si invocava l’abbattimento della monarchia per sostituirla con il popolo, e dobbiamo stare attenti a non fare la stessa cosa, perché chi abbatte il re poi di conseguenza fa l’imperatore.
Parlo da laico come battezzato, spesso lo vedo: si rischia di cadere in quegli errori dove poi invece ce ne sono di più gravi.
Non c’è cosa peggiore di un laico che vuole fare il prete. Io lo vedo anche nella liturgia quando si improvvisa.
Ognuno deve stare al suo posto anche perché si parla spesso di un laicato presente ma cadiamo sempre nel solito equivoco.
Fino a qualche giorno fa l’ho sentito: «ma è tradizione, si è fatto sempre cosi». Andiamo in quella determinata Parrocchia, e: «il parroco ha tolta questa cosa, ma noi abbiamo sempre fatto cosi», quindi, a volte, se c’è sempre arroccamento di parte di noi laici nella vera presunzione che noi siamo sempre dalla parte della ragione, dall’altra parte bisogna avere certamente il presbitero pronto ad accogliere ascoltare, però se ci pensiamo quante Comunità discutono perché il Santo per la processione passa da quella strada e non dall’altra, anziché magari pensare a fare un percorso comune.
Lo facciamo da laicato? Lancio questa domanda.
Lascio solo questa riflessione.
Sig.ra Rosanna Messineo:
Testo non pervenuto. Trascrizione della registrazione impossibile.
P. Antonino Vicari csr:
Testo non pervenuto. Trascrizione della registrazione.
Sembrerebbe una domanda scontata questa, ma tante volte prendiamo dalla nostra storia, in quanto noi cristiani, in quanto battezzati, in quanto esseri umani, Gesù ci dice che da quanto ci amate vi si riconoscerà. Quindi dovremmo chiederci: c’è la vera cultura della fraternità, della comunione oppure ancora siamo convinti che ognuno si cura il proprio orticello, quindi con la barca che va avanti cosi?
È un problema vocazionale, non nel senso che manchino sacerdoti, ma di chiamata, di vocazione all’unità della comunione. Gesù ha chiesto che tutti siamo una cosa sola. Allora ecco, quando parliamo di Unità Pastorale Sinodale dovremmo di più approfondire cosa significa Unità.
Ho avuto a che fare con le cooperative: loro sono maestri dell’unità, e quindi poco al centro per questa nostra storia, questa nostra vocazione, dove allarghiamo lo spazio del nostro orticello e penso che al centro come Unità Pastorale è importante che ci sia la Famiglia. Oggi la famiglia deve tornare al centro perché è molto provata. La famiglia che pullula di vocazione sia per quanto riguarda le attività familiari sia per quanto riguarda la vita e le speciali consacrazioni, il presbiterato… E quindi per mettere al centro la famiglia, bisogna partire proprio dai giovani; dalla famiglia sì, ma dai giovani, dai bambini. Cominciamo da loro a cercare di inculcare questa cultura della famiglia, della vocazione. Quindi c’è tanto da fare. Non è semplice; soprattutto non è semplice dove noi sappiamo che noi parliamo e nessuno ci ascolta o pochi ci ascoltano.
Quando ricevo un sacramento e poi ognuno va per i fatti propri quindi non c’è quell’Unità della comunione del vivere che porta il Vangelo in profondità e quindi essere segno e testimoni di questa comunione.
Sig. Enzo Li Puma:
Testo non pervenuto. Trascrizione della registrazione.
Quello che p. Salvatore ci ha detto sono tante cose messe insieme dai vari circoli a cui penso che ognuno di noi possa dare delle risposte così velocemente da essere esaustivo. In primis chiedo che queste relazioni da p. Salvatore fatte con tanta descrizione siano inviate a tutti noi per poterle approfondire, quindi chiedo che questo dialogo di oggi possa continuare nei prossimi incontri. La cosa che mi fa più dispiacere sentire è che replicare, o cercare da parte di alcuni di noi un ruolo o rivendicare delle peculiarità particolari, quando si parla di Sinodalità… penso che dovremmo non cercarle ma emergeranno da sole. Non ci sarà bisogno che una Parrocchia sia più importante né se è riuscita meglio in alcune attività… Noi sinodali sappiamo che ognuno di noi è qua perché è stato scelto da una comunità oppure è stato indicato dal nostro Vescovo o da altri. Se i tanto reclamati luminari non ci sono, vuol dire che non ci sono all’interno delle nostre Parrocchie. A questo punto non mi sento di discutere o che mi possa dare apporto di fede una persona che può essere un luminare ma non è praticante, non è uno che si occupa della nostra religione.
Forse è il caso che tutti ci mettiamo a servizio delle nostre parrocchie, delle nostre comunità, con fede, riconoscendo, come diceva il Vescovo, non la nostra sapienza ma le nostre peculiarità, mettendole al servizio della nostra terra.
Sac. Marcello Franco:
Testo non pervenuto. Trascrizione della registrazione.
Sono in Unità Pastorale Sinodale. Semplicemente una testimonianza: Castelbuono conosceva tre parroci nel passato che si ignoravano a vicenda e che in molti casi si facevano la guerra. E queste cose sono purtroppo notorie, mentre ora conosce tre parroci che si cercano, che dialogano, che si sostengono a vicenda, che pranzano insieme quasi ogni giorno eccetto qualche giorno, che si siedono
attorno al tavolo, discutono e programmano, progettano… e certe volte litigano, perché sono appunto umani.
La capacita anche di dirsi le cose con i dovuti modi di correggersi a vicenda certe volte di arrabbiarsi e la capacita anche di chiudere la propria parrocchia per ritrovarsi in alcuni giorni dell’anno che stabiliamo insieme per celebrare insieme la messa. Uno di questi è il 31 dicembre, per il Te Deum a chiusura dell’anno civile. Ritrovarsi insieme e dire alla gente che abbiamo noi tre per primi il desiderio ritrovarci insieme per pregare insieme, per ringraziare il Signore insieme. È stata citata la lettera del Vescovo Andiamo a pescare insieme con la quale il Vescovo ha voluto accompagnare questa esperienza Pastorale Sinodale e noi abbiamo brevemente risposto, Eccellenza, a questa lettera raccontando la nostra esperienza la risonanza a quella lettera è stata la nostra esperienza che noi abbiamo distribuito nelle altre parrocchie in tutte le messe.
Concludo dicendo che questa esperienza porta anche alle spalle delle ferite che sono nate dal cambiamento di parrocato. È un punto che questo Sinodo non affronta. Ci sono delle ferite nel momento in cui cambiano i parroci nelle parrocchie.
Sac. Giuseppe Murè:
Testo non pervenuto. Trascrizione della registrazione.
Nel nostro Circolo Sinodale, per fortuna, e ringrazio Dio, non si è parlato né di preti né di chierici, infatti sono quasi stupito nel sentire nella relazione. Questo dico: che non c’è bisogno di un Sinodo per questo. Si parla di altre cose: Sinodo deve rispondere a questioni più importanti sulla nostra diocesi, per questi mi auguro che non ci siano proposizioni Sinodali che dicono ecco oppure come devono abitare i preti, anzi nel nostro circolo sinodale si è parlato della costituzione di gruppi, abbiamo parlato di come abbiamo portato avanti la pastorale e la missione per partecipare alla missionarietà ecco del popolo di Dio che a la funzione di Cristo. E penso che quando si parla di gruppo che sia un chierico sia un laico o un laico che diventa chierico o un prete che diventa o se è ancora signor o un esempio del suo ministero poco importa. Io che sono Arciprete mi occupo anche della pulizia… Mi auguro che nelle preposizioni in realtà ci siano cose che non dobbiamo notare o se
dobbiamo io vi sottolineo quello che ha detto don Francesco Casamento che la responsabilità l’ha presa giuridicamente davanti al Vescovo e di fronte Codice di Diritto Canonico.
Prof.ssa Giuseppina Re:
Durante gli altri interventi e nella relazione si è parlato di servizio, di testimonianza, di fraternità, di famiglia, di ruoli.
Vorrei porre l’attenzione sul fatto che oggi il concetto di fraternità, di famiglia e di ruolo non sono più quelli di una volta.
L’amore fraterno non esiste quasi più e l’amore per i propri genitori o dei genitori per i propri figli sta diventando sempre più raro. Venendo dal mondo della scuola ho occasione di scontrarmi con questo tipo di rapporti quasi quotidianamente: fratelli che litigano continuamente; genitori che abbandonano, maltrattano, o, nel migliore dei casi ignorano i propri figli; figli che “odiano”, mal sopportano, se non addirittura maltrattano i propri genitori o li “comandano a bacchetta”.
Si sta facendo sempre più confusione sui ruoli e si dimentica che i ruoli sono importanti, purché vengano mantenuti nel rispetto dell’altro e nell’amore.
Ciò che Gesù è venuto ad insegnarci prima di ogni altra cosa è l’AMORE.
Il servizio in parrocchia deve scaturire dall’amore per Dio e per i fratelli sia laici che ordinati, non in funzione di una responsabilità;
la testimonianza deve essere una testimonianza d’amore nei confronti di tutti gli uomini (al di là di qualsiasi opinione abbiano o qualsiasi scelta facciano) per il semplice motivo che sono persone, esseri umani, creature di Dio: “vi riconosceranno da come vi amerete...”, “amate i vostri nemici”.
Se guidata dall’amore allora ogni nostra azione diventa davvero “missione”.
Purtroppo ci stiamo disumanizzando perché stiamo dimenticando cosa significa amare, cosa significa volere il bene dell’altro senza aspettarci nulla in cambio, anzi rinunciando a qualcosa.
Io credo che si debba ripartire dall’AMORE; io penso che se fondate sull’amore le UPS saranno luoghi di fraternità, di missione, di servizio, saranno “vere” famiglie nel senso più bello del termine.
Fr. Aurelio Biundo ofm capp.:
Testo non pervenuto. Trascrizione della registrazione impossibile.
Alle ore 12,40 prende la parola Mons. Vescovo che, a partire dagli interventi, ripropone la sintesi dei lavori. Dice:
«È chiaro che la nostra azione pastorale non può essere quella di andare avanti per slogan. Il ’68 è finito. Il laicato chiede ai sacerdoti di fare i sacerdoti, e la felicità del prete è un laicato pienamente partecipe, corresponsabile, nell’unità del Corpo di Cristo».
A conclusione dell’intervento, il Segretario Generale can. Giuseppe Licciardi ha dato le indicazioni per le successive adunanze consegnano il calendario delle prossime Assemblee.
Mons. Vescovo ha quindi guidato la preghiera dell’Angelus e ha impartito ai presenti la benedizione, sciogliendo così la V Assemblea.