Omelia del Segretario del Sinodo dei Vescovi
S.Em.R. Card. Mario Grech
Ecco mia madre e i miei fratelli!
Statio Ecclesiae Cephalocensis
Finale di Pollina, 08 giugno 2024
Cari fratelli e sorelle, è bello ritrovarci insieme per ascoltare la Parola del Signore e lasciare che sia essa ad illuminare il nostro vissuto ecclesiale, le nostre scelte. Non “una parola” che noi abbiamo scelto, ma quella che la Chiesa ci dona in questa domenica nella liturgia. Ci sono due domande fondamentali nei brani biblici che abbiamo ascoltato in questa celebrazione e che potrebbero guidarci nella nostra riflessione, per ispirare la nostra preghiera e la nostra azione: «Adamo dove sei?» e «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Sono due domande fondamentali: dov’è l’essere umano? Dov’è il vero discepolo del Signore?
«Adamo, dove sei?»
Innanzitutto la prima domanda: «Adamo, dove sei?» (cf. Gn 3,9). A questa prima domanda delle Scritture, ne segue poco dopo un’altra altrettanto fondamentale: «Dov’è tuo fratello?» (Gn 4,9). Sono le due prime decisive domande che troviamo nelle Scritture: tu dove sei? Dov’è tuo fratello, tua sorella? Come Chiesa non possiamo smettere di far risuonare queste domande quando ci interroghiamo, come stiamo facendo nel percorso sinodale, su come essere una comunità missionaria. In questo percorso sinodale, sia quello di tutta la Chiesa sia quello della vostra Chiesa a Cefalù, la comunità ecclesiale è chiamata a rispondere all’interrogativo: Chiesa dove sei? Per essere una Chiesa sinodale missionaria occorre che ci chiediamo con sincerità chi siamo noi e chi sono i nostri fratelli e sorelle che condividono con noi il cammino della storia dell’umanità, comprendendone «le gioie e le speranze, i dolori e le angosce» (GS 1). Purtroppo nelle nostre comunità ognuno pensa di sé e dimentica il prossimo. L'indifferenza uccide. Ogni volta che esprimiamo disinteresse per la vita altrui, ogni volta che non amiamo, in fondo disprezziamo la vita e feriamo la comunità!
Queste sono due domande correlate perchè nell’incontro con gli altri, scopriamo chi siamo; ogni persona che conosciamo ci può permettere di conoscere qualcosa di diverso di noi: gli altri possono essere per noi specchi preziosi per rivelarci sfaccettature sconosciute della nostra personalità.
Voi come Chiesa diocesana vi state interrogando sulla pietà popolare e sull’iniziazione cristiana. La domanda «Adamo, dove sei?» è imprescindibile se si vogliono comprendere questi due tratti della vita ecclesiale. Come possiamo pensare di “iniziare” alla vita cristiana se non camminiamo con la gente, particolarmente con quelle persone che sono scartate da tanti? Come possiamo pensare di trasmettere la fede in Gesù se non ci mettiamo in dialogo aperto e sincero con gli uomini e le donne del nostro tempo? Se non impariamo i loro linguaggi, ascoltiamo le loro domande, condividiamo i loro drammi? La domanda «Adamo, dove sei?» del libro della Genesi è il presupposto necessario per poter trasmettere il Vangelo oggi.
Allo stesso tempo anche la pietà popolare, come ha ricordato Papa Francesco in Evangelii Gaudium (EG 122-126). Afferma il Santo Padre: «Nella pietà popolare, poiché è frutto del Vangelo inculturato, è sottesa una forza attivamente evangelizzatrice che non possiamo sottovalutare: sarebbe come disconoscere l’opera dello Spirito Santo» (EG 126). La pietà popolare in fondo è un ascolto del tessuto culturale di un luogo, di un contesto concreto. Tuttavia ci dobbiamo chiedere se oggi certe forme del passato corrispondano ancora alla reale sensibilità degli uomini e delle donne di oggi. Se in passato certe forme di pietà popolare sono state un modo creativo di inculturare il Vangelo, una vera opera dello Spirito, oggi non potremmo trovare nuove forme per annunciare il Vangelo agli uomini e alle donne del nostro tempo, magari lasciandone altre che, pur avendo avuto un grande ruolo, non corrispondono più al sentire contemporaneo?
Una Chiesa dallo stile sinodale si riconosce anche nella pietà popolare: essa sa mettersi in ascolto di tutti per annunciare il Vangelo in modo sempre attuale e sempre nuovo. Una Chiesa sinodale non può che avere a cuore le domande «Adamo, dove sei?», «Dov’è tuo fratello?» perché in attento ascolto di tutti in modo particolare di tutte le componenti del popolo santo di Dio.
«Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?»
Ma poi il brano del Vangelo ci suggerisce la seconda domanda: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Se la prima domanda ci invita a interrogarci sull’uomo contemporaneo e sulla nostra identità nel mondo d’oggi, la seconda domanda ci conduce ad interrogarci sul nostro essere discepoli del Signore, famiglia di Gesù. Quando siamo la nuova famiglia del Signore, sua Chiesa? Gesù è molto chiaro nel Vangelo: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre». Commentando questo brano, Papa Francesco afferma: «Gesù ha formato una nuova famiglia, non più basata sui legami naturali, ma sulla fede in Lui, sul suo amore che ci accoglie e ci unisce tra noi, nello Spirito Santo. Tutti coloro che accolgono la parola di Gesù sono figli di Dio e fratelli tra di loro. Accogliere la parola di Gesù ci fa fratelli tra noi, ci rende la famiglia di Gesù» (Angelus, 10 giugno 2018).
Ma che cosa significa fare la volontà di Dio? Certamente è un forte richiamo alla centralità della Parola di Dio. Una Chiesa sinodale missionaria non può che perseverare nell’esercizio quotidiano e paziente di mettere al centro della sua vita la Parola di Dio contenuta nelle Scritture Sante. È una dimensione che tocca la vita comunitaria così come quella personale di ogni battezzato. Come comunità e come singoli credenti se vogliamo essere “famiglia di Gesù” dobbiamo mettere al centro le Scritture.
Anche questo aspetto tocca i due temi che la vostra Chiesa particolare sta approfondendo: l’iniziazione cristiana e la pietà popolare.
Innanzitutto l’iniziazione cristiana: non ci sarà iniziazione se non ritorneremo in modo nuovo allo “stile” dei padri della Chiesa, che iniziavano alla vita cristiana alla luce della Parola di Dio. Certo dobbiamo farlo in un modo nuovo, ma non possiamo rinunciare a rileggere la nostra vita e la nostra esperienza di fede alla luce delle Scritture. Dobbiamo accogliere la fatica e la sfida di rimettere in mano a tutti le Scritture Sante, come il Concilio, e in particolare Dei Verbum (cf. cap. VI), ci ha invitato a fare. Ogni famiglia cristiana non può non riservare uno spazio nella casa per la Parola di Dio! La famiglia è un luogo privilegiato per parlare di Dio - è la prima scuola per comunicare la fede alle nuove generazioni. Il Concilio Vaticano II parla dei genitori come dei primi messaggeri di Dio.
Ma il tema dell’ascolto della Scrittura per essere “famigliari di Gesù” tocca anche la pietà popolare. Oggi non ci può essere autentica pietà cristiana senza ascolto della Parola di Dio. Infatti «la Parola di Dio, consegnata nella Sacra Scrittura, custodita e proposta dal Magistero della Chiesa, celebrata nella Liturgia, è strumento privilegiato e insostituibile dell’azione dello Spirito nella vita cultuale dei fedeli» (Direttorio su pietà popolare e liturgia, 87). In questo senso la pietà popolare può diventare un veicolo prezioso ed indispensabile per “educare” tutti i fedeli alla frequentazione delle Scritture. Dobbiamo imparare a puntare in alto, a non accontentarci della logica del “si è sempre fatto così”. Una Chiesa dallo stile sinodale è una chiesa che “punta in alto”, che non si accontenta e che accoglie anche la pietà popolare come una preziosa occasione per far crescere tutti i fedeli in ciò che più conta per essere “la nuova famiglia del Signore”: l’ascolto della sua Parola.
Cari fratelli e sorelle, ecco le due domande che la liturgia di questa domenica ci consegna in questa Statio Ecclesiae Cephalocensis. Sono domande preziose che ci invitano sia a guardare il mondo che sta intorno a noi – Adamo, dove sei? – sia a guardare dentro di noi, all’interno della realtà ecclesiale – Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? Una chiesa sinodale, la Chiesa del Concilio, ha questo sguardo: sa guardare contemporaneamente dentro e fuori di sé, per annunciare oggi il Vangelo del Signore. Sono due domande capaci di “trasfigurare” nel profondo tutto il nostro agire ecclesiale per essere “missionari”, annunciatori del Vangelo agli uomini e alle donne del nostro tempo. Ma potremo annunciare il Vangelo se saremo la nuova famiglia di Gesù in ascolto fedele e orante della sua Parola.
✠ Card. Mario Grech